Google+ Viaggio Senza Vento: MUSICA [Recensione] - Carcass - Surgical Steel (2013)

mercoledì 13 novembre 2013

MUSICA [Recensione] - Carcass - Surgical Steel (2013)




Ascoltare il ritorno di uno dei tuoi gruppi preferiti dopo diciassette anni dallo scioglimento non è cosa emotivamente facile. I timori erano tanti: sarà un disco all’altezza del nome che porta in copertina? O sarà l’ennesimo piatto collage composto esclusivamente per accontentare i fan (e pagarsi le bollette) come abbiamo sentito su molti, troppi, dischi reunion? Come suoneranno senza Owen (Ammott se n’era già andato dopo Heartwork senza troppi rimpianti)? E soprattutto, nel 2013 ha ancora senso un nuovo disco dei Carcass? Che voglia avrò di ascoltarlo?!
Beh, da qualche parte, probabilmente su una bustina dello zucchero, avevo letto che preoccuparsi è solo tempo perso. Anche stavolta la bustina aveva ragione da vendere. 
Tutti i dubbi di cui sopra svaniscono già nell’accoppiata iniziale 1985/Thrasher abbatoir, la prima una breve intro strumentale dal titolo quanto mai esplicativo, la seconda scritta veramente negli anni '80 e trasudante l’ignoranza diretta della prima ondata death metal. Ve la ricordate Unholy blasphemies dei Morbid angel no? Ecco. La seguente Cadaver Pouch Conveyor System (complimenti anche per i titoli, sempre molto sobri e delicati…) espone felicemente tutto ciò di cui è capace il duo Walker/Steer, ovvero creare una commistione di grind, death, thrash, melodia, tecnica e groove mantenendo l’approccio punk e rock’n’roll dei Carcass, che probabilmente è l’alchimia che da sempre li eleva nell’olimpo della musica estrema.
E questo sarà un po’ il litemotiv di tutto il materiale contenuto in Surgical Steel: “Ok sono passati 17 anni, c’è stato dell’altro nel frattempo, ma noi l’abbiamo inventato, evoluto e noi lo plasmiamo e rigiriamo come vogliamo”.
Proprio come la nonna che più invecchia più perfeziona la ricetta della torta di mele senza curarsi di come la fa la vicina di casa; e, nonostante l’impasto comune, ogni traccia ha una storia a sé: si passa dal mid tempo terzinato di A Congelated Clot of Blood (impossibile non scapocciare) alle intricatissime The Master Butcher Apron e Noncompliance to ASTM F899-12 standard (che fatica sti titoli…) che ricordano la brillante varietà dei capolavori quali Necroticism e Heartwork. 
A proposito, a questo punto dovrei fare un paragone qualitativo con i loro dischi classici. Beh no, non ha senso farlo.
Se da un lato, come accennato sopra, Surgical steel è un lavoro enciclopedico (Volume 1: il metal estremo a tutto tondo) e riassuntivo della loro carriera (dal grind più becero di Reek of putrefaction/Symphonies of sickness alla sontuosità di Heartwork, ai groove rallentati di Necroticism) la verità è che si tratta proprio di un nuovo disco dei Carcass. Nuovo perché hanno saputo reinventarsi, nuovo perché ogni traccia,  ogni passaggio, ogni riff suona, naturale, convinto, fresco.
Le scelte stilistiche ricordano sicuramente Heartwork più che gli altri dischi, ma le numerose aperture verso il thrash, lo speed, il classic metal anni ‘80, come diamine volete chiamarlo, ne fanno qualcosa di diverso, inesplorato anche per la loro eclettica discografia. Intendiamoci, Surgical steel odora ovunque del pungente, asettico, forense “smell of Carcass”, lo screaming nasale/ferale di Walker è incredibilmente immutato e Steer macina rimiche tanto intricate quanto accattivanti, e no, vi suonerà eretico ma il chirurgico lavoro di Wilding dietro le pelli non fa rimpiangere neanche per un istante il povero Owen. Sta di fatto che la seconda metà del disco è preziosamente intrisa di richiami al metal di fine anni ‘80, quello bello insomma. In questo senso spiccano The Granulating Dark Satanic Mills (aridaje…), Unfit for Human Consumption, e la conclusiva Mount of Execution, servita con tanto di intro acustica (!) e reprise scavezzacollo. Ripeto, il tutto senza mai perdere un milligrammo di personalità.
Per farla breve, consapevoli di aver scritto le pagine più importanti della storia della musica estrema, ora i Carcass si permettono di rimodellarla, attingendo non solo dalla loro infinita enciclopedia di stili ma anche da altri lidi, e la sorpresa è che il risultato è piacevolmente fresco. Un plauso finale va anche all’edizione deluxe in argento cartonato, che non mi pento di definire (cit.) molto ben curata, arricchita dalla bonus track Intensive battery brooding, che, manco a dirlo, è all’altezza di tutto il resto.

M.M.



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